+18% di PIL? Solo se le PMI italiane usassero l’AI – Microsoft AI Report 2025
Secondo il nuovo AI Diffusion Report – Microsoft AI Economy Institute – una piena adozione dell’intelligenza artificiale potrebbe far crescere il PIL italiano del +18%. Ma con solo il 25% delle aziende attive — e un uso ancora minimo di agenti AI avanzati — le PMI italiane rischiano di perdere il treno. Ecco perché è il momento di agire, e cosa serve per farlo.
I numeri chiave
| Dato | Descrizione |
|---|---|
| 25,6% | Percentuale di imprese italiane che usano strumenti AI (AI User Share) |
| +18% | Potenziale incremento del PIL italiano con piena adozione dell’AI |
| 59,4% | AI User Share negli Emirati Arabi Uniti (leader mondiale) |
| 40,9% | Francia, tra i paesi leader dell’UE |
| 11%–15% | Media dei paesi con basso accesso a internet e competenze digitali |
Un nuovo modo di misurare l’intelligenza artificiale
Quando si parla di AI, è facile lasciarsi incantare da titoli sensazionalistici, investimenti miliardari o la corsa ai modelli sempre più grandi. Ma quanto realmente questa tecnologia è adottata nella vita quotidiana e nei processi produttivi? A questa domanda cerca di rispondere l’AI Diffusion Report, il nuovo studio globale pubblicato dal Microsoft AI Economy Institute.
Il cuore del report ruota attorno a una metrica innovativa: AI User Share, ovvero la percentuale reale di popolazione che utilizza strumenti basati su intelligenza artificiale. Questo indicatore permette per la prima volta un confronto omogeneo tra 147 paesi, spostando il focus dalla “vetrina” dell’AI alla sua “sala macchine”.
Il risultato è sorprendente: ci sono paesi che, pur con investimenti modesti, stanno usando l’AI in modo capillare. Altri — Italia compresa — mostrano un tasso d’adozione ancora frammentario, specialmente tra PMI e Pubblica Amministrazione.
Dove l’AI è già una realtà: i paesi leader e la mappa globale
Chi sta guidando davvero la trasformazione? Secondo il report, Emirati Arabi Uniti (59,4%), Singapore (58,6%), Norvegia (51,8%), Irlanda (45,7%) e Francia (40,9%) sono le nazioni con la più alta percentuale di adozione reale dell’AI.
Questi paesi condividono alcune caratteristiche comuni:
Alto PIL pro capite
Accesso esteso a Internet e infrastrutture digitali
Forti investimenti in data center e cloud
Elevato livello di competenze digitali
In particolare, i paesi europei come Francia, Paesi Bassi, Spagna e Irlanda stanno consolidando una leadership digitale trainata da ecosistemi innovativi e politiche pubbliche orientate al lungo termine.
Sul versante opposto, le aree con lingua meno rappresentata nei modelli AI (come l’Africa subsahariana o il Sudest asiatico) mostrano tassi d’adozione ancora sotto il 10%. Un divario che rischia di diventare strutturale.
L’Italia a metà del guado: bene, ma non basta
E l’Italia? Secondo i dati del report, il nostro Paese registra un AI User Share del 25,6%. Un risultato che, a prima vista, può sembrare incoraggiante: siamo sopra la Germania, il Portogallo e gran parte dell’Europa dell’Est. Ma appena sotto la superficie, emergono fragilità importanti.
📉 Mancano le soluzioni agentiche – cioè quegli strumenti capaci di agire in autonomia, automatizzare flussi e prendere decisioni basate su input dinamici. In parole povere: usare ChatGPT per scrivere un’email ≠ integrare un agente AI nei processi aziendali.
📉 Le competenze digitali restano basse – in particolare tra le PMI, dove spesso l’adozione tecnologica è demandata a figure non specializzate, o rimandata a data da destinarsi.
📉 La connettività e i data center – nonostante i miglioramenti, l’Italia è ancora indietro rispetto ai paesi con un’infrastruttura digitale più solida, come Francia, Irlanda o Olanda.
Insomma: ci siamo, ma siamo troppo lenti. E in un mercato che corre, questo può costarci carissimo.
Le PMI italiane e l’AI: un’opportunità ancora dormiente
Le PMI rappresentano oltre il 90% del tessuto imprenditoriale italiano. Sono agili, flessibili, vicine al territorio. Ma quando si tratta di intelligenza artificiale, la loro risposta è ancora timida, spesso reattiva invece che proattiva.
Le cause sono diverse:
Mancanza di tempo e risorse per esplorare nuove tecnologie
Scarsa conoscenza di casi d’uso specifici
Timore di costi elevati o mancanza di ROI immediato
Cultura organizzativa poco aperta all’innovazione
Eppure, l’AI può essere un alleato formidabile per le PMI, se introdotta con criterio. Pensiamo a:
CRM intelligenti che automatizzano le relazioni cliente
Forecasting predittivo su vendite e stock
Assistenti digitali per customer care o gestione documentale
Automazione delle attività ripetitive in amministrazione e logistica
La sfida non è tanto quale tecnologia, ma quale percorso. Serve una guida strategica, capace di identificare le priorità, introdurre strumenti adatti e formare il personale.
Il potenziale economico dell’AI: +18% di PIL, ma a quali condizioni?
Una delle stime più interessanti contenute nel report Microsoft riguarda l’impatto macroeconomico: una piena adozione dell’intelligenza artificiale potrebbe aumentare il PIL italiano fino a +18% nel lungo periodo.
Ma ci sono alcuni “se”.
Questo scenario ottimistico si realizza solo se:
Viene colmato il digital skill gap
Si investe in infrastrutture digitali e data center
Le PMI iniziano a integrare soluzioni agentiche nei processi
Vengono superate le barriere culturali che rallentano il cambiamento
Se questi elementi non vengono attivati, l’AI rischia di restare un fenomeno individuale (chi usa ChatGPT per scrivere un testo o fare brainstorming), invece che un fattore di trasformazione sistemica.
La differenza tra le due traiettorie è enorme. Una produce valore, l’altra si ferma all’entusiasmo.
Cosa devono fare oggi le PMI italiane?
Il tempo dell’AI non è “fra qualche anno”, è ora. E chi lavora nelle PMI può — e deve — iniziare un percorso realistico e sostenibile.
Ecco alcune azioni concrete:
✅ Iniziare con piccoli progetti
Non servono budget enormi: anche un semplice sistema AI per la generazione automatica di report può far risparmiare ore di lavoro ogni settimana.
✅ Investire nella cultura, non solo nella tecnologia
Portare l’AI in azienda significa formare le persone. Anche i migliori strumenti sono inutili se chi li usa non è preparato.
✅ Scegliere partner giusti
Evitare il fai-da-te. Serve un supporto consulenziale che conosca il contesto delle PMI e sappia tradurre l’AI in valore di business.
✅ Monitorare, testare, adattare
Ogni soluzione AI va testata sul campo, monitorata e ottimizzata nel tempo. Nessun progetto nasce perfetto. Ma ogni miglioramento porta valore.
Conclusione: Il tempo dell’AI è ora, non domani
“Il divario che si sta creando oggi definirà chi beneficerà dell’AI per i decenni a venire.”
Questa frase, contenuta nel report, è più di una constatazione. È un avvertimento strategico.
L’Italia non è tagliata fuori dalla corsa all’intelligenza artificiale. Ma rischia di arrivare in ritardo. E in un mondo dove chi prima adotta guadagna margini competitivi — e quote di mercato — l’inazione costa cara.
Le PMI, in particolare, devono passare dalla curiosità all’azione, e farlo con intelligenza: senza rincorrere ogni hype, ma costruendo basi solide per una trasformazione digitale reale.
E chi saprà muoversi oggi, con metodo e visione, sarà domani tra quelli che beneficeranno davvero del valore dell’AI. Non solo nei numeri, ma nella crescita concreta e sostenibile della propria impresa.
(Bonus) Domande frequenti sull’AI per PMI
🤔 Le PMI possono permettersi l’AI?
Sì, molte soluzioni sono scalabili e accessibili anche con budget contenuti.
🧠 Serve avere competenze tecniche in azienda?
Non necessariamente. Serve curiosità, volontà di apprendere e il supporto di partner esperti.
📉 Cosa rischio se non la adotto?
Perdere competitività, opportunità di mercato e attrattività per clienti e talenti.
Risorse utili
- AI Diffusion Report: Where AI is most used, developed and built
